Pandemia
evento traumatico
In che modo ha creato disagio psicologico e quali segni ha lasciato
E’ da tempo che siamo consapevoli di stare vivendo un momento storico e sociale senza precedenti che ha avuto inizio con l’emergenza sanitaria imposta dal virus SARS-COV-2, con la morte di centinaia di migliaia di persone. Siamo stati attanagliati dall’ansia del contagio e ci siamo confrontati con l’incognita dell’evoluzione del virus sul nostro corpo e quello dei nostri cari, col vissuto della paura di morire. Sono trascorsi circa due anni dai primi momenti di questi angoscianti sentimenti e oggi grazie al vaccino sono ricordi che iniziano ad essere lontani. Lo sono perchè il vaccino ci ha protetti dal rischio di morire e da una serie di complicanze sulla salute, ci ha allontanati dall’eventualità di dover sperimentare in maniera acuta un turbinio di emozioni negative, a rimuginare sull’incertezza del futuro, a vivere ansia stress e panico paralizzanti. L’esposizione al Covid-19 ha provocato queste ed altre reazioni psicofisiche in quanto evento traumatico individuale e collettivo, primo di portata mondiale. Purtroppo ciò che non è lontano ma vivido e presente sono le conseguenze prodotte dal trauma comportate dall'emergenza sanitaria. Le conseguenze sulla salute mentale della guerra combattuta contro un nemico invisibile sono quei segni indelebili sullo stato psico emotivo che hanno influenzato il nostro funzionamento nella vita quotidiana e con i quali dobbiamo ancora fare i conti.
E’ generale la consapevolezza che la pandemia è stato un trauma, un evento traumatico per natura uguale per tutti ma con conseguenze la cui severità è perlopiù soggettiva. La differenza individuale che si è osservata nelle reazioni al trauma-pandemia risiede negli aspetti di natura strettamente personali e ambientali, sta nell’interazione tra trauma e vulnerabilità individuale, per cui la gravità delle reazioni che si sono osservate (ansia confusione malessere isolamento aggressività depressione autolesionismo) non dipendono certo solo dalla gravità del trauma vissuto ma anche da componenti personali, tra le quali risorse interne e grado di resilienza - capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà - dalla presenza o assenza di disagio psicologico pregresso, dalla qualità dell’ambiente di vita.
Siamo amaramente coscienti di essere ancora lontani dalla situazione di vita in cui le cose vanno “bene” dalla situazione in cui alla domanda come va? la risposta è tutto bene.
Pensiamo al lockdown imposto per evitare il propagarsi del virus Covid-19: ha comportato il ritiro forzato nelle proprie abitazioni e la convivenza 24 ore su 24 per giorni e giorni con i propri familiari. Mentre alcuni hanno potuto valorizzare il lato positivo della situazione, il tempo disponibile da godere per stare con i propri affetti la propria famiglia consolidando l’unione, per altri è stato un confronto forzato, prolungato e insostenibile, vissuto senza via di scampo nei confronti del partner, dei figli così come dei figli nei confronti dei genitori. In questi ultimi, durante il lockdown sono venuti a galla incomprensioni contrasti insofferenza portando ad esempio la coppia a litigi e chiusura. Talvolta è emersa nei partner la coscienza di una diversità caratteriale o nel modo di vedere e affrontare le situazioni, diversità che la quotidianità pre lockdown fatta di ore fuori casa - per lavoro hobby sport amici - consentiva di mitigare o quantomeno procrastinare e non trasformare in intolleranza o difficoltà relazionali di coppia, fonti di malessere.
Ciò che proviamo, come ci sentiamo, l’umore che caratterizza le nostre giornate e la dinamica delle relazioni con gli altri, sono influenzati da emozioni interne profonde che il trauma della pandemia ha soggettivamente sollecitato in noi. Alle emozioni coscienti, reattive alla condizione sanitaria emergenziale, si intrecciano emozioni inconsapevoli- quelle chiuse all’interno- emozioni a noi tanto ignote quanto potenti nel determinare: pensieri, comportamenti, il proprio benessere e la qualità della vita.
Oltre a queste situazioni di malessere psicologico e relazionale si è registrato che nella popolazione generale coloro che hanno riportato maggiori danni psicologici appartengono alla fascia di età giovanile e anziana. Nei giovani si è verificato un aumento dell’ansia, degli attacchi di panico, dell’isolamento, apatia e depressione. Vi è stato un incremento delle manifestazioni di aggressività e autolesionismo, un aumento dei disturbi del comportamento alimentare già durante la seconda ondata pandemica, e ora siamo alla quinta. Tutto questo non è passato inosservato ai genitori che hanno visto il proprio figlio isolarsi sempre più, chiudersi in se stesso, diventare scontroso e aggressivo, ritirarsi dalle relazioni con comunicazioni solo virtuali. Il web indiscussa risorsa in piena pandemia, e non solo per la DAD o lo smart working, ha consentito il mantenimento delle relazioni in maniera virtuale. Gli scambi comunicativi mediante pc o smartphone in quanto interazioni a distanza sono intrinsecamente e significativamente limitate per mezzo dello stesso strumento. La barriera che costituisce comporta la mancanza dell'esperienza emotiva dello stare l'uno di fronte all'altro e di percepire la presenza del corpo, di sentire il respiro e di cogliere meglio i sentimenti e l’umore, riducendo così l’esperienza in termini di empatia e di emozioni prodotte - come invece sollecita l’interazione dal vivo.
Tuttavia solitamente quando si ha ansia, malessere o sofferenza si è generalmente più propensi a interessarsi alle proprie emozioni ovvero a soffermarsi a capire cosa si prova, a come queste influenzano lo stato fisico e il linguaggio del corpo, a come influenzano le relazioni e la quotidianità. Ansia persistente e malessere sono segnali di allarme di disequilibrio interiore che coinvolgono il corpo con le sensazioni fisiche e interessano la sfera emotiva - con vissuti di angoscia e sofferenza- richieste di aiuto a cui bisogna rispondere.